Tutti ormai abbiamo una vita digitale. Dai più sobri – solo la posta elettronica al lavoro, magari certificata – ai più bulimici – posta, blog personale, facebook, twitter, e così via –, una crescente parte di chi abita il mondo ha accesso alla rete internet e lascia tracce di sé nello spazio virtuale. Si tratta di una vita che sempre più s'intreccia con la vita analogica – no, non diremo reale, perché anche la vita nella rete è reale, perché ha impatti, e forti, sulle nostre idee, sulle nostre azioni, sui nostri sentimenti. 

Di fronte alla realtà della vita digitale, ci sono due atteggiamenti. Sono due reazioni non nuove, o meglio sono nuove versioni di due atteggiamenti del passato recente. Gli apocalittici sono terrorizzati dai pericoli della vita digitale, e reagiscono invocando ferree protezioni, lucchetti pesanti e misure draconiane: la privacy, i dati personali, le interazioni in rete debbono essere protette e limitate con nuova legislazione e con gli strumenti più pesanti concessi dal diritto. Gli entusiasti, invece, non vedono l'ora di scorrazzare ancora, e di più, nelle praterie della rete, e non vogliono protezioni, non vedono ragioni per imbrigliare le innumerevoli e nuovissime possibilità di libertà offerte dalle tecnologie.

Noi vogliamo usufruire dei vantaggi e degli sviluppi offerti dalla transizione digitale ma non vogliamo essere spossessati dei nostri dati e dei valori materiali e immateriali da essi rappresentati.

Noi vorremmo proporre una via praticabile ed efficace fra questi due estremismi. Siamo convinti che la vita digitale sia vita come quella analogica, e che la protezione e la libertà siano due poli necessari del vivere umano. L'idea che vogliamo esplorare è: ma fra una protezione a tutti i costi, e per tutti, e una libertà come licenza, la cosa migliore non sarebbe una libertà vera – degli strumenti coi quali ognuno ricava il suo spazio, corre i suoi rischi, esplora fino dove vuole? La premessa da cui partiamo è che la vita digitale nel social web sia essenzialmente fatta di due fenomeni: esposizione e partecipazione. Nei social network come nei Big Data ognuno di noi espone parti di se stesso, parti della propria identità, lacerti di dati, brandelli di vita: tutto questo va negoziato oltreché protetto, con le risorse che l'attuale legislazione, ma anche l'etica pubblica condivisa, forniscono a partire dalle situazioni della vita analogica in cui parimenti l'identità, i dati personali e gli elementi dell'esistenza di ognuno di noi sono in ballo. Ma, allo stesso tempo, il valore intrinseco – monetario, ma anche simbolico ed esistenziale – del web 2.0 è letteralmente fatto della nostra partecipazione. E, in realtà, le piattaforme on line non sono niente senza le moltitudini di persone  che interagiscono: il valore – monetario, simbolico ed esistenziale – di facebook e twitter senza le nostre bacheche, senza i nostri tweet, senza i nostri proclami, anche i più sgangherati, è niente. E chi la piattaforma ha prodotto, e la fa funzionare, guadagna i suoi proventi solo perché noi, che nulla guadagniamo oltre all'uso di noi stessi e degli altri nelle interazioni, siamo lì.

Noi vogliamo che i nostri dati cooperino come già fanno i byte nella rete anche per produrre effetti nel mondo reale.

Noi vogliamo far cooperare i nostri dati e contenuti con i dati e i contenuti di tutti coloro i quali vogliano creare ulteriore valore materiale e immateriale in forma aperta, democratica  e ripartirne gli effetti in forma mutualistica.

C'è un'esigenza di giustizia implicita nella nostra richiesta. La creatività del web paga, al momento attuale, in termini economici moltissimo a pochissime persone. La distribuzione che propone assomiglia a quella dello star system dello sport e dello spettacolo. Nello sport e nello spettacolo i grandi atleti e i protagonisti famosi guadagnano milioni a volontà, mentre il livello medio-basso fa fatica a sbarcare il lunario. Lo stesso avviene nel mondo del web. Qui i primi scopritori e investitori fanno il pieno dei soldi, mentre tutti i contributori isolati e minori partecipano al gioco senza trarne alcun profitto. La nostra proposta vuole ristabilire un equilibrio più equo che -tramite il modello cooperativo- assegni a ciascuno una parte di profitto proporzionata all'impegno profuso e all'utilità per gli altri dei risultati ottenuti.

Ma non è solo questione di giustizia. E' anche questione di efficienza. Una maggiore redistribuzione degli utili rende il sistema più stabile e sostenibile. Inoltre, redistribuire significa anche assegnare più risorse ai ceti medi che hanno una maggiore propensione al consumo sul reddito totale. In questo modo, si sostiene la domanda aggregata e quindi il sistema economico nel suo complesso. La crisi attuale spiega bene come l'ineguaglianza radicale -quello dello star system- non sia efficiente.

Infine, la nostra proposta dovrebbe implicare maggiore partecipazione alla creatività del sistema digitale nel suo complesso. La maggiore eguaglianza tra i partecipanti -che noi vogliamo- rende più facile e diffuso l'accesso qualificato e quindi con ogni probabilità la possibilità di competere e fare nuove scoperte digitali dovrebbe trarne vantaggio.

In conclusione, noi proponiamo di portare in questa nuova realtà un vecchio strumento, che ha dimostrato in due secoli di poter unire protezione dei consumatori , forza del numero e flessibilità gestionale: la  piattaforma cooperativa con le sue forme gestionali di governance democratica e mutualistica(una testa un voto). Immaginiamo che una comunità di utenti si costituisse i cooperativa e dicesse: i nostri affiliati si auto-organizzano  per vedere protetti i propri dati – si avvalgono dei nostri avvocati, cioè – e per vedere valorizzata la propria partecipazione – si avvalgono della facoltà di negoziare  in massa i propri profili, cioè, in modo che venga adeguatamente valorizzata la loro partecipazione.  Noi proponiamo che all'atto di iscriversi a uno dei social network, un nuovo partecipante possa scegliere modalità diverse di iscrizione e partecipazione – e che sia possibile una modalità cooperativa, che riesca a rendere percorribili a chi lo voglia forme di auto-gestione  dei propri dati e percentuali di compartecipazione del valore generato anche economico   in ragione della partecipazione di ognuno. Cooperative commons è il progetto per rendere percorribile questa via, tramite una riflessione sulla  auto-gestione e la valorizzazione della vita digitale in primo luogo; in secondo luogo tramite la creazione della prima cooperativa di comunità on line e la produzione di un applicativo web che renda evidente ed implementabile per chi vuole, una partecipazione cooperativa – cioè liberamente protetta e compartecipata – alla vita digitale.

Sebastiano Maffettone

Vanni Rinaldi

Giuliano Poletti

Gianfranco Pellegrino

Alfonso Papa Malatesta

Paolo Spagnoletti

Stefano Za

Andrea Resca

Simona Capece

Alessandro Lanni

Michele Bocchiola

Giuseppe F. Italiano

Cooperative per gestire i nostri dati

Articolo di Vanni Rinaldi pubblicato sul Sole 24 Ore

Umanesimo digitale - Una rivoluzione a portata di web

Articolo di Vanni Rinaldi pubblicato su l'Unità

ANALISI: Ecco perché Facebook ha pagato 19 miliardi Whatsupp

Intervista al Prof. Paolo Spagnoletti pubblicata sul ilsussidiario.net

Cooperazione 2.0, la mutualità al tempo del web

Intervista al Prof. Gianfranco Pellegrino pubblicata sul Corriere Nazionale

Infrastrutture dell’Informazione e società digitale

Articolo del Prof. Paolo Spagnoletti pubblicato su Informatica & Documentazione